Tratto dal libro "Sta sera ve conto..."
Racconto n° 2 - pag. 51
Mio nonno Antonio morì giovane per causa della guerra; mia nonna Clorinda è vissuta cento anni, mancanti, purtroppo, di una manciata di giorni. Quanto sarebbe stato bello se avesse compiuto il suo centesimo genetliaco!
Di mio nonno conosco quasi nulla. Ricordo, però, una sua fotografia fatta assieme alla moglie. La nonna teneva questa foto come se fosse una reliquia, esposta in un quadro appeso ad un chiodo messo in alto al centro della parete destra della cucina. Questa foto, molto grande, era protetta da un vetro, racchiusa in un telaio di legno color marrone con gli angoli arrotondati. Immediatamente sotto questa cornice era accesa, notte e giorno, una piccola luce elettrica di, forse, un watt. Il globo di questa minuscola lampadina era di color rosso. Di una sola cosa sono sicuro del nonno, perché la nonna me la raccontò più volte e, cioè, che lui era un cacciatore appassionato e che tutte le domeniche andava a cacciare con il fucile gli uccelli nel roccolo, che era costruito nel mezzo dei suoi campi.
Una volta ho chiesto alla nonna: «Mi racconti il tuo viaggio di nozze?».
Devo aver toccato un tasto buono per lei perché, raccontandolo, era tutta orgogliosa, come se avesse realizzato un gran viaggio ai confini del mondo, trasportata su di una carrozza rivestita di velluto, trainata da una quadriga di cavalli bianchi con il pennacchio ed il cocchiere in gran livrea.
La nonna mi raccontò il fatto così:
«Devi sapere, caro nipotino mio, che tuo nonno era bello, bravo, buono e forte. Lui pulì perfettamente il piano della carriola piana, unse con la cotica di maiale il perno della ruota, acconciò ben bene due sacchi empiendoli delle foglie, che avviluppano le pannocchie del granturco: uno per sedervici sopra e l'altro per appoggiarvici contro la schiena. Egli li coprì con una coperta di lana ed io mi ci sono accomodata sopra ben bene. Dopo lui mi ha portato in viaggio dalla contrada della Calpeda di Castello a Montecchio Maggiore. Lì si svolse una gran bella festa e, conclusasi, mi riaccompagnò a casa».
Io, adesso, se lei mi stesse raccontando la storia del suo viaggio, mi piacerebbe domandarle:
«Nell'andata, quando siete arrivati al tornate doppio, quello un po' prima delle Tezze, dove la discesa è così scoscesa da farti venire le vertigini, sei rimasta seduta sopra la carriola o sei scesa?».
La risposta resta muta, però, io faccio un soliloquio e mi immagino:
«Eh no, caro mio; non sono una sciocca, io! Se al nonno fosse scivolata di mano la carriola questa sarebbe caduta giù, di ruzzolone in ruzzolone ed io sarei rimasta uccisa. No, bello mio, io sono scesa e ho percorso un buon tratto con le mie gambe».
Ed un'altra domanda le farei:
«Nel ritorno, quando si doveva sopravanzare la salita del tornante doppio, sei rimasta accoccolata a far la gran signora ben servita o sei smontata per dargli una mano perché, per quanto forte lui fosse, poteva prendersi un malanno?». Lei, mi pare di sentirla:
«Ma che ragazzo curioso sei. Mi sembra come se tu fossi stato proprio lì. Infatti, per non snervarlo, tutto sudato com'era mi fece compassione, poverino. Così sono scesa ed ho superato la salita con i miei piedi. Però giunti sul pianoro non ci fu nulla da fare: lui volle, a tutti i costi, che io vi rimontassi sopra. Quando giungemmo alla nostra contrada (dopo aver lasciata la strada maestra e superata la breve rampa lastricata con i sassi neri per entrare nell'aia) come se lui fosse fresco e riposato, con una corsa impetuosa arrivò proprio al centro del cortile e, lì, mollò i manici della carriola.
Tuo nonno mi disse: "Cara moglie mia, tu che sei ben riposata vai in cantina e spinami un boccale di vino clinto perché mi voglio bagnare il 'becco' ". All'istante, mi precipitai per fare quello che mi aveva richiesto e, dato che dovevo salendo dalla cantina transitare attraverso il ripostiglio della cucina dove stava il lavello, ho risciacquato un bicchiere dentro l'acqua di un secchio di rame martellato. Quando giunsi nel cortile, trovai una gran folla attratta dal baccano, che sembrava un frastuono dell'altro mondo. Infatti si era formato un folto gruppo di persone: bambini, contradaioli, parenti, amici, curiosi e tutti formulavano una grande quantità di congratulazioni e domande al tuo nonno: "Hai fatto un buon viaggio? Le buche della strada cercavi di centrarle (per giocare con la sposina) o cercavi di scansarle? Le davi, ogni tanto, un bacetto? Le suole delle scarpe ci sono ancora o se le sono divorate i buchi?"».
Continuo a sognare e sento la nonna [...]
Copyright © 2001 Antonio Balsemin. Tutti i diritti riservati.
Tratto dal racconto "Il viaggio di nozze di mia nonna Clorinda"
A la Calpéa de Castelo de Arzegnan - Alla Calpeda di Castello di Arzignano
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